Evolution meeting 2011: un report

Il programma completo del congresso 2011 è visibile qui. Nonostante le sessioni coprissero tutti i campi della biologia, alcuni temi hanno dominato il congresso. Il primo è quello della genomica e dell’utilizzo di metodi di sequenziamento di “nuova generazione” (vedi next-gen sequencing o high-throughput sequencing). Questi metodi ormai permettono di sequenziare interi genomi eucariotici, o comunque ottenere dataset di miliardi

Il programma completo del congresso 2011 è visibile qui.

Nonostante le sessioni coprissero tutti i campi della biologia, alcuni temi hanno dominato il congresso.

Il primo è quello della genomica e dell’utilizzo di metodi di sequenziamento di “nuova generazione” (vedi next-gen sequencing o high-throughput sequencing). Questi metodi ormai permettono di sequenziare interi genomi eucariotici, o comunque ottenere dataset di miliardi di basi con copertura fino ad 800x, per poche migliaia di dollari. Studi basati su filogenesi a livello genomico (centinaia, se non migliaia di loci) ormai non sono più visti come eccezionali, e penso che a breve diventeranno la regola.

Tra i vari talk che ho visto (e sicuramente ne ho persi molti) posso segnalare quello di John McCormack di Lousiana State University, sull’utilizzo degli UCEs, o ultraconserved elements del genoma come markers filogenetici. Questo metodo che è stato per adesso utilizzato per mamiferi ed uccelli, e che stiamo utilizzando per i pesci qui ad UCLA, si basa sull’utilizzo di metodi bioinformatici per identificare brevi regioni di poche centinaia di basi conservate fino al 100% in gruppi di organismi. Una volta che queste regioni sono state identificate, possono essere sequenziate a centinaia grazie ai nuovi metodi next gen insieme alle regioni circostanti, che contengono un maggiore segnale filogenetico. Questo approccio (ed altri simili che svariati altri gruppi di ricerca stanno sviluppando) ormai permettono di costruire rapidamente dataset di dimenzioni impensabili fino a 2/3 anni fa. Lo studio di McCormack e colleghi consisteva di svariati dataset oscillanti fra i 500 e 1500 loci per dozzine di specie di mammiferi.

In un altro studio Bob Thomson dell’università della California a Davis ha utilizzato i primi risultati di uno studio basato sull’utilizzo del genoma di una tartaruga per investigare le relazioni filogenetiche dei cheloni all’interno del tree of life dei tetrapodi. Utilizzando un dataset di oltre 800 loci ortologhi Thomson ha mostrato come vari tipi di bias nelle sequenze possono produrre risultati altamente contrastanti l’uno con l’altro (ad esempio, l’11% dei loci studiati suggerisce che le tartarughe andrebbero piazzate dentro i mammiferi, in alcuni casi come sister group degli umani). Mentre da un lato aumenta il sostegno per l’ipotesi che vede le tartarughe come sister group degli arcosauri, la mancanza (per adesso) di un genoma di coccodrillo impedisce la risoluzione finale dei questo problema. I recenti sviluppi nella bionformatica permettono adesso non solo di costruire dataset di dimensioni veramente notevoli in termini di caratteri, ma anche di specie, ed infatti stanno diventando comuni dataset con migliaia di specie.

Nel presidential address della Society of Systematic Biologists Keith Crandall ha mostrato una filogenesi di pancrostacei (il clade formato da insetti più crostacei) con oltre 1000 specie; Masaki Miya ha presentato una ipotesi filogenetica per i pesci cipriniformi (un gruppo di oltre 4000 specie che contiene le carpe, i pesci zebra e i pesci rossi) con 470 genomi mitocondriali completi e un’altra basata su una supermatrice mitocondriale con oltre 1500 specie, mentre il mio gruppo di ricerca qui a UCLA ha presentato un albero dei pesci attinopterigi costruito con 13 geni e oltre 8000 specie che abbiamo utilizzato per studiare l’impatto filogenetico della pesca commerciale (scoprendo tra l’altro che i gruppi soggetti alla pressione maggiore sono non solo quelli che hanno in genere dimensioni corporee medie maggiori, ma sono anche quelli che tendono ad avere i tassi più elevati di crescita corporea).

Oltre agli studi di filogenomica o basati su supermatrici ci sono state molte presentazioni interessanti basate su approcci più “tradizionali”. Uno dei lavori piu’ interessanti che ho visto presentati è del gruppo di Guillermo Orti a George Washington University che ha mostrato in maniera molto convincente come una delle novità fenotipiche più incredibili fra i vertebrati come l’asimmetria dei pesci pleuronettiformi (i pesci piatti come sogliole e rombi) ha avuto origine almeno due (e forse più) volte. Mentre i primi lavori di filogenesi molecolare che non avevano rinvenuto la polifilia dei pleuronettiformi erano stati giudicati come poco affidabili a causa di una povera copertura tassonomica o di bias nelle sequenze utilizzate, il nuovo lavoro è basato su 21 geni (20 dei quali nucleari) per oltre 200 specie (incluse 80 specie di pesci piatti). Svariati tipi di analisi mostrano in maniera conclusiva che gli psettodidi, l’unico gruppo di pleuronettiformi nel quale i due occhi non sono sullo stesso lato nei pesci adulti (uno dei due occhi in questi animali è posizionato sopra il cranio) non sono imparentati con gli altri pesci piatti. La maggior parte dei geni utilizzati, se analizati in maniera individuale, indicano inoltre che il gruppo formato dagli altri pleuronettiformi potrebbe essere parafiletico, suggerendo un possibile ritorno alla simmetria cranica in varie linee di pesci percomorfi originariamente asimmetrici.

Un’altra area in grande e rapida espansione è quello dei metodi comparati. Ormai quasi tutti gli anni c’è almeno un simposio dedicato a presentare gli ultimi risultati nel campo. Nel 2010 ad esempio erano stati discussi metodi di biogeografia e di datazione molecolare (vedi qui per i riassunti dei due simposi), mentre nel 2009 erano stati discussi metodi di analisi dei tassi di diversificazione (link). In questo congresso abbiamo avuto la possibilità di assistere ad un simposio su Unified Approaches for Understanding Patterns of Character Evolution and Diversification organizzato da Stacey Smith e Boris Igic. Diverse presentazioni (ad esempio quelle di Smith, di Richard Fitzjohn e Emma Goldberg) hanno affrontato la relazione fra l’evoluzione di caratteri chiave (key innovations) e i tassi di diversificazione, mentre altre presentazioni (Peter Wagner e David Polly) hanno discusso i problemi ed i vantaggi dell’utilizzo di taxa fossili per studi comparati. Oltre al simposio ci sono state poi moltissime sessioni di presentazioni sui metodi filogenetici e comparati. Una delle presentazioni piu’ interessanti che ho visto è stata quella di Dan Rabosky sul contesto ecologico della diversificazione nelle comunità di lucertole del deserto australiano. Utilizzando filogenesi datate insieme a dati ecologici per tre cladi di lucertole Rabosky è riuscito a mostrare come in alcuni gruppi esiste un forte conservatorismo delle nicchie ecologiche che impedisce a sister taxa di abitare lo stesso habitat, costringendo quindi questi taxa ad abitare ambienti diversi o essere attivi durante ore differenti del giorno, mentre in altri cladi le nicchie trofiche sono molto più flessibili e specie imparentate e separatesi in periodi recenti possono coabitare grazie al character displacement.

Molte altre presentazioni di ricerca all’intersezione fra filogenesi ed ecologia si sono poi svolte sia in alcuni dei simposi che in varie sessioni di contributi orali. Un concetto non molto recente che mi sembra stia divendando molto popolare è quello della speciazione lungo le Genetic Lines of Least Resistance. Questo concetto originariamente proposto da Schluter oltre 15 anni fa (qui il paper), e poi ripreso dallo stesso Schluter nel simposio della SSE su Adaptation, è stato invocato durante svariati contributi. Luke Harmon ad esempio ha utilizzato il concetto per illustrare un potenziale meccanismo di speciazione negli spinarelli limnetici e bentici dei laghi postglaciali canadesi. Sempre di speciazione si è occupato il presidential address di Jerry Coyne, professore all’università di Chicago ed autore – tra l’altro – del libro (e blog) Why evolution is true. Coyne è stato uno dei principali studiosi che si sono occupati dei meccanismi di speciazione negli ultimi tre decenni, utilizzando i moscerini del genere Drosophila come organismo modello, e nella sua presentazione ha presentato lo studio di una delle specie più recenti di questo genere, endemica dell’isola di São Tomé. Coyne è sempre stato uno dei principali difensori del concetto biologico di specie, un concetto non molto popolare tra gli studiosi di filogenesi, come lo stesso Coyne non ha mancato di sottolineare nel corso della sua presentazione. Coyne ha anche ribadito la sua opposizione al concetto di speciazione simpatrica, nonostante alcune delle sue idee siano basate su criteri che ultimamente sono stati molto criticati (vedi ad esempio questo documento ed il mio riassunto del lavoro di Bernardi qui).

Molto interessanti sono stati poi anche il presidential address della American Society of Naturalist di Robert Ricklefs, che ha discusso alcune delle principali teorie sulla evoluzione delle comunità biologiche e presentato una critica abbastanza forte del concetto di teoria neutrale della biodiversità di Steve Hubbell, e la Fisher Lecture di Luke Mahler, un recente studente del lab di Jonathan Losos ad Harvard. Utilizzando una filogenesi degli iguanidi del genere Anolis delle isole caraibiche Mahler ha mostrato come la competizione interspecifica è probabilmente la forza evolutiva principale che influenza la radiazione di questi rettili (e a questo proposito vorrei assicurare a coloro che potrebbero aver letto su vari blog italiani o sul portale Pikaia che l’unica forma di competizione importante sarebbe quella intraspecifica che questa idea molto “originale” non è sostenuta da nessuno studio empirico o teorico credibile).

Rimanendo in tema di plenary lectures, durante il congresso si è svolta anche la premiazione di Ken Miller, vincitore del terzo Gould Prize per il suo contributo alla difesa e divulgazione della biologia evoluzionistica. Miller è da anni molto attivo nel contrastare le attività dei creazionisti, ed è stato un expert witness in vari casi legali sull’insegnamento dell’evoluzione nelle scuole americane, incluso il processo di Dover, come avevo già raccontato nel mio report dall’Evolution Meeting del 2006. Una breve descrizione del Gould Prize e del lavoro di Kenneth Miller è visibile qui, mentre diversi clips di lezioni e seminari di Ken Miller che discutono strategie per constrastare i creazionisti sono disponibili su youtube.

Il prossimo Evolution Meeting si svolgerà dal 6 al 10 luglio 2012 ad Ottawa e per la prima volta sarà sponsorizzato non solo dalle tre principali società americane, ma anche dalla European Society for Evolutionary Biology e dalla Canadian Society for Ecology and Evolution, che sarà la società ospitante.

Francesco Santini

Senior Research Associate
Department of Ecology and Evolutionary Biology
University of California at Los Angeles