E’ utile collezionare la biodiversità?

Interessante dibattito su Science sugli effetti della raccolta di specie naturali a scopo scientifico: pericolosa pressione antropica o utile strumento per la conservazione?

L’ultimo numero di Science presenta un acceso scambio di lettere tra esperti biologi della conservazione che si sfidano sull’utilità della raccolta e del sacrificio di esemplari di specie a scopo scientifico: sono pratiche utili o dannose per la biodiversità?
Un nutrito gruppo di biologi sostiene che questa procedura sia un fondamentale strumento per comprendere le differenze tra popolazioni e i loro adattamenti, quindi utile per la conservazione degli organismi in natura (Specimen collection: an essential tool). Ad esempio, questo strumento può servire per comprendere la diffusione di alcune malattie nel tempo o l’adattamento ai cambiamenti climatici sul lungo periodo (in particolare, utilizzando serie storiche di esemplari raccolti nel tempo) delle popolazioni naturali. Questo articolo è la risposta ad uno pubblicato sulla stessa rivista il mese scorso, che sosteneva, al contrario, che il continuo prelievo di organismi dalle loro popolazioni naturali anche a scopo scientifico può costituire un grave danno per la biodiversità, soprattutto per le specie che hanno una distribuzione limitata (Avoiding (re)extinction). Questi stessi autori hanno già ulteriormente replicato (Specimen collection: an essential tool – response), sempre sull’ultimo numero di Science, proponendo valide alternative al sacrificio di animali e piante, quali l’utilizzo di meccanismi di marcatura non letali, di raccolta di immagini ad alta risoluzione e di registrazioni video e audio. Ma sono procedure paragonabili?
Il punto finale, per ora, della vicenda lo mette un articolo di commento, che traccia le future prospettive per questo tipo di ricerche (Specimen collection: plan for the future), in cui si evidenzia la necessità di conciliare queste due visioni contrastanti nel perseguire l’obiettivo comune della tutela della biodiversità.
Andrea Romano
 
Immagine da Wikimedia Commons