Drastici cambiamenti di dieta

Uno studio americano rivela le basi molecolari dell’evoluzione di diversi tipi di diete nei moscerini

Cambiare la propria dieta, si sa, è difficile. Soprattutto se si passa a un’alimentazione esclusivamente vegetariana. Se ciò è vero a livello individuale, lo è ancora di più a livello di specie, eppure simili transizioni sono avvenute nel corso dell’evoluzione. È il caso, per esempio, dei moscerini del genere Scaptomyza, strettamente imparentati con i più celebri moscerini della frutta (Drosophila melanogaster), con i quali condividono un antenato comune che si nutriva di microbi ma dai quali si distinguono proprio per il tipo di dieta. D. melanogaster si nutre infatti di lieviti e batteri che crescono su frutti troppo maturi o in via di decomposizione, mentre i suoi cugini del genere Scaptomyza pasteggiano con i tessuti delle foglie delle piante.

Attratti da questa differenza alimentare, un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Arizona ha cercato di capire quali processi evolutivi fossero alla base di un simile cambiamento di dieta, confrontando una di queste specie vegetariane, Scaptomyza flava, con D. melanogaster. I risultati del loro studio sono stati recentemente pubblicati su PNAS.

Combinando misure neurologiche dell’attività elettrica delle antenne e test comportamentali, hanno così scoperto che l’odore del lievito che cresce sui frutti in decomposizione stimola una forte risposta in D. melanogaster, ma lascia indifferente S. flava, la quale si è invece rivelata essere molto attratta da odori caratteristici delle piante ricche di foglie vive.

Sulla base di queste prime osservazioni, i ricercatori hanno quindi ipotizzato che ci fossero differenze fra le due specie a livello dei geni coinvolti nel sistema olfattivo. Il sequenziamento del genoma di S. flava e un serie di analisi comparative hanno rivelato che in effetti è proprio così: i geni codificanti per i recettori olfattivi che rendono D. melanogaster sensibile al lievito sono assenti oppure diventati pseudogeni – cioè geni non più in grado di codificare proteine o di essere attivi – in S. flava.

Ciò rappresenta un primo elemento necessario, ma non sufficiente, a spiegare il cambio di dieta. Si tratta infatti di una perdita di funzione che, in questo caso, chiarisce solo parte della storia, e cioè il disinteresse di S. flava per i lieviti e i frutti in decomposizione. Ma gli autori dello studio non si sono fermati qui e hanno anche scoperto che una combinazione di duplicazioni geniche e selezione naturale positiva ha portato a una divergenza evolutiva in un gene, Or67b. Questo gene codifica per una proteina la cui presenza rende i neuroni sensori olfattivi di S. flava sensibili ai composti volatili prodotti dalle foglie verdi di cui questi moscerini si nutrono.

La perdita dei recettori per l’odore del lievito si combina quindi con l’acquisizione della sensibilità olfattiva a un diverso tipo di cibo. Una combinazione di eventi molecolari che ha contribuito all’evoluzione di una nuova specie di moscerini, dotata di abitudini alimentari diverse da quelle dei suoi antenati.

 

Immagine (S. flava): da Wikimedia Commons